1. Introduzione: romance sefardito e genere nel Mediterraneo

 

Vorrei iniziare con la musica ebraica che abbraccia il Mediterraneo nelle sue forme allo stesso tempo più locali e globali, i generi narrativi sefarditi del romance, del romancero e delle coplas. Cacciati dalla penisola iberica nel 1492, gli ebrei sefarditi furono coinvolti in una seconda diaspora che segue di circa quattordici secoli la diaspora ebraica da Gerusalemme. Il Mediterraneo offrì rapidamente lo scenario più conveniente per una doppia diaspora perchè rappresentava simbolicamente sia la dipartita che il ritorno, un luogo di diaspora più radicale che ciononostante attirava gli ebrei del Mediterraneo più vicino a Gerusalemme, il più santo di tutti i luoghi del mondo mediterraneo.

I generi narrativi sefarditi si svilupparono durante l'era della doppia diaspora e, contemporaneamente, riconfigurarono la storia ebraica del Mediterraneo e oltre per mezzo di temi sensibili al genere. Nel romance e nel romancero il genere avvolge le storie del tema ebraico a numerosi livelli. In primo luogo, il narratore nella tradizione della ballata sefardita - la voce della storia ebraica - è di genere femminile. In secondo luogo, le storie e i racconti delle ballate sono narrati secondo la prospettiva di una donna, in modo che la stessa storia ebraica sefardita diventa dotata di genere. In terzo luogo, la storia ebraica sefardita è musicalmente connessa alla dimensione più ampia della storia del Mediterraneo, che è essa stessa una storia di conflitto fra le ambizioni mediterranee di cattolici e musulmani. Rimuovendo la risposta ebraica a questi secoli di conflitto, la musica sefardita crea un nuovo spazio storico, uno spazio di doppia diversità, uno spazio marcato come Altro e come femminile.

Il primo esempio musicale illustra i modi in cui il romance propone una storiografia che è allo stesso tempo ebraica e in prospettiva femminile, cioè giudaico-femminile (juifemme), per citare il termine coniato ingegnosamente da Elaine Marks per descrivere questa forma di doppia diversità (1994).

Mi madre mia ( Mia madre, mia madre)

O madre mia, tu muy querida de que ‘stas triste en
este día.

Queridos hijicos lloro la mancilla que amargó muestra familia.

Tu hermano, el grande qu’el era soldado el fue matado en Lule Burgaz.

Es en esta guerra lo que se vidó las crueldades de la Bulgaria.

L’armada Turca era comandada por el ministro Enver Pasha.

Adelante, adelante iban gritando a Edirne iban entrando.

Maldicho seas tu Rey Ferdinan’ que tu cautastes todo ‘ste mal.

Gemidos amargos de criaturas iban subiendo a las alturas.

(Traslitterazione del testo ladino)

Riassunto in italiano del testo in ladino:

Un canto della guerra d'indipendenza bulgara contro l'Impero Ottomano. Una madre piange il suo figlio morto per colpa del re Ferdinando di Spagna che cacciò gli ebrei. Per questa ragione suo figlio dovette combattere in questa guerra crudele.

"La esposa fiel" (La moglie fedele) complica la funzione di genere nel romance, trasferendolo sulle storie del Mediterraneo e localizzandolo nei simboli - simboli ebraici in particolare - del matrimonio. Inoltre, ne La esposa fiel le relazioni morfologiche con la shechinah sono più dirette: il periodo di sette anni potrebbe simbolizzare i sette giorni della settimana durante i quali la comunità ebraica è separata dalla sposa del Sabbath. Il tempo locale - il ciclo settimanale del Sabbath - viene esteso alla storia ebraica nelle sue forme diasporiche, ricorrendo metaforicamente nella canzone in forma di cicli settennali di attesa e posticipazione.

La esposa fiel(La Moglie Fedele)

 Sulla tua vita, soldato,
		dimmi la verità,
	Hai visto mio marito,
		il mio caro marito?
 Ho visto tuo marito,
		un mese è passato dalla sua morte.
	Mi ha lasciato un segno, mia signora,
		per far sì che ti sposi.
 Ho atteso sette anni,
		sette anni ancora attenderò,
	anche se dopo quattordici anni non sarà tornato,
		non mi sposerò.
 Io sono tuo marito,
		Il tuo caro marito,
	Ho messo alla prova la tua [fedeltà] señora,
		per vedere se ti saresti risposata.

(trad. dall'inglese, originale in ladino)

Le ballate in quanto genere musicale rappresentano non solo attraverso il loro esteso carattere narrativo, ma anche attraverso il loro marcato storicismo. Le ballate partecipano alla formazione di cultura con il loro storicizzare, reso più efficace dalla presenza della "voce storica". Non sorprende, dunque, che le ballate figurino in modo così massiccio nella rappresentazione del Mediterraneo sefardita (cfr. Armistead e Silverman 1971; Armistead e Silverman 1981; Armistead e Silverman 1986). Nelle ballate sefardite la storia ebraica viene trasferita sul Mediterraneo in modi diversi. La storia stessa è fatta dagli uomini, ma è narrata musicalmente dalle donne. Esiste dunque un netto divisorio tra musica come esecuzione della storia ebraica, cioè del Sé, e musica come discorso sulla storia ebraica, che è possibile solo dalla distanza dell'Altro.

D'importanza cruciale è la lingua della diaspora, il ladino, un vernacolo che è allo stesso tempo ebraico - poichè nella sua forma scritta fa uso dell'ortografia ebraica - e ancorato nella cultura dell'Altro, cioè del mondo circostante non ebraico della Spagna; la vicinanza del ladino alla lingua spagnola è evidente nella traslitterazione dell'esempio 1. Nei diversi casi che prenderò in esame in questo studio il vernacolo dei canti delle donne prende a prestito dal mondo dell'Altro e facilita il movimento delle donne ebraiche musiciste tra il mondo del Sé e quello dell'Altro attraverso tutto il Mediterraneo. La musica delle donne, quindi, è intrinsecamente un commento su un mondo mediterraneo di diversità, un mondo diasporico. Il suo "essere" - l'identità ontologica delle donne ebraiche nel Mediterraneo - risiede nella sua condizione di outsider, una condizione che la musica dovrebbe smorzare e perfino eliminare, ma che di fatto non riesce mai a diminuire.


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