3. Musica delle donne/musica profana nel Mediterraneo ebraico

 

Sia il tempo che lo spazio determinano il genere della musica del Mediterraneo ebraico. L'influenza del tempo sul fattore genere è il prodotto della storia e la base per essa, cioè della storia ebraica come motivo inseparabile dalla più vasta storia del Mediterraneo come un tutto complessivo. L'influenza del luogo sul fattore genere situa tale storia nel panorama musicale del Mediterraneo ebraico. Storia e geografia coesistono in questo panorama musicale ebraico, ma solo in un rapporto di contesa. La musica ebraica, inestricabilmente legata alla presenza sacra e secolare del genere, sottolinea questa relazione.

Nell'immaginazione storica ebraica messa in moto dalla diaspora il viaggio verso est, verso il Mediterraneo orientale, produce il ritorno ad un passato senza tempo, vale a dire, ad un mondo ebraico immutato e immutabile e ad una musica ebraica che incorpora dimensioni senza tempo e senza spazio (cfr. Bohlman 1997). Questo è ciò che gli etnomusicologi speravano di trovare quando iniziarono a raccogliere musica ebraica nel Mediterraneo all'inizio del ventesimo secolo. Ritornando alla musica ebraica delle comunità mediterranee e raccogliendone le melodie, A. Z. Idelsohn, Robert Lachmann (Lachmann 1976), Friedrich Salomo Krauss e Alberto Hemsi (cfr. Hemsi 1995) credevano di poter ricongiungere la frattura diasporica tra la musica ebraica così come si credeva fosse esistita in un momento di autenticità biblica e così come veniva mantenuta in stasi storica, sempre "già ebraica" nel mondo mediterraneo.

Invece, nel momento in cui essi circoscrissero la musica ebraica in termini tradizionali (nel caso della sinagoga, ad esempio, collegata alla pratica ebraica e in lingua ebraica) si accorsero che la musica delle donne non assicurava affatto la sopravvivenza di un'autentica musica ebraica. Fra le teorie che compromettevano l'unità del Mediterraneo era il genere - più specificamente, i fatto che la musica delle donne - nonostante fosse ancorata ai riti e comunità ebraici locali - non possedeva i criteri di ebraismo, al contrario dei grandi repertori che utilizzano la lingua sacra. Per rimediare a questo dilemma, la musica delle donne ricevette il suo spazio particolare nella geografia e storia della cultura ebraica mediterranea - uno spazio profano, perfino esotico, sensuale e orientaleggiante.

In proposito, vorrei discutere brevemente un caso esemplare, quello della classica comunità ebraica che si immagina connettere musicalmente il passato col presente: la comunità Yemenita e la musica giudeo-yemenita. Nella moderna immaginazione ebraica della diaspora, lo Yemen - sia per la sua posizione isolata nella parte meridionale della Penisola Arabica, sia per la sua vicinanza alle rotte commerciali tra l'Europa, l'Asia e l'Africa, vicinanza che a sua volta ha dato origine a miti fotati di una forte caratteristica di genere, come quello della Regina di Saba - è stato la sede di un tipo di autenticità che traccia una linea netta tra il Sé ebraico e l'Altro.

I primi etnomusicologi, come ad esempio A.Z. Idelsohn nel primo volume del suo Thesaurus of Hebrew-Oriental Melodies (1914), dedicarono le loro raccolte principalmente al repertorio degli uomini, facendo attenzione ai repertori della sinagoga, alla scuola dei ragazzi, o cheder, e al diwan, uno spazio secolare in cui si eseguivano repertori dei generi classici ebrei ed arabi, spesso presenti negli stessi canti. Le donne giudeo-yemenite cantavano nel vernacolo, vale a dire, in lingua arabo-yemenita o nella lingua giudeo-araba dello Yemen. La lingua giudeo-araba funzionava dunque nella musica yemenita allo stesso modo del ladino nei canti sefardi. Le donne non cantavano nella sinagoga, nel cheder o nel diwan, ma piuttosto usavano i canti in situazioni rituali, soprattutto nei riti di passaggi - massimamente i matrimoni - e negli spazi comunitari periferici tra le culture ebraiche e musulmane.

Il mondo del canto maschile è quello del Sé sacro e spirituale; il mondo della musica delle donne è quello della riproduzione e del corpo. La musica degli uomini è espressiva attraverso la preghiera e la poesia; la musica delle donne è espressiva attraverso l'interazione sociale e la danza. Il prossimo esempio è un canto giudeo-yemenita dal diwan, cioè da uno spazio maschile ove si concentra l'alta cultura delle componenti maschili della storia. Il testo del canto è in forma di dialogo tra il poeta e la sua amata, quindi allegoricamente allude al ritorno dall'esilio a Gerusalemme. Linguisticamente, e quindi storicamente, il Sé e l'Altro sono chiaramente distinti nel genere composto noto come shirah, essendo alcune strofe in ebraico e altre (la terza e la quarta) in Arabo, anche se entrambe sono forme letterarie di queste lingue che utilizzano i metri poetici classici.

Mentre il brano degli uomini punta "verso l'interno" della cultura giudeo-yemenita, cioè verso un'identità storicizzata localizzata centralmente nel diwan, il brano delle donne nel prossimo esempio suggerisce un movimento "verso l'esterno," oltre le periferie della tradizione, del genere e della comunità. Eseguito da una cantante pop, Ofra Haza, "Prendi 7/8" riconosce e rappresenta anche pratiche musicali distinte per genere - come l'asimmetria metrica annunciata nel titolo della canzone - che sono a loro volta inequivocabilmente ibride, ad esempio, nell'uso stereotipato di barattoli di kerosene come strumenti a percussione nella musica giudeo-yemenita. Nelle note di copertina del CD, il testo in giudeo-arabo è preceduto dal seguente commento, che delinea gli spazi del rituale e della riproduzione come indiscutibilmente femminili: "Un ritmo particolare in 7/8. / Un tempo ballavamo su di esso./ Soprattutto durante i matrimoni / A quel tempo solo le donne, / ma oggi - tutti assieme."

Canto di donne in arabo-ebraico: Ofra Haza, "Prendi 7/8"

Queste distinzioni, divenute canoniche nel periodo dei primi contatti con la musica giudeo-yemenita, sono non meno vivide ed eloquenti nell'iconografia postmoderna e nelle letteratura critica attuale sulla musica giudeo-yemenita. Raccolte di canti giudeo-yemeniti si presentano così con immagini di donne in copertina, spesso anonime e senza volto, in abito da sposa e con gioielli orientaleggianti. Popolari cantanti giudeo-yemeniti, come Ofra Haza, compaiono in immagini simili su CD e copertine, sebbene con riferimenti sessuali più espliciti. Le varie forme di questa sessualità conferma e confonde allo stesso tempo l'immagine ibrida e femminilizzata della cultura ebraica nelle regioni tradizionalmente arabe del Mediterraneo.

Immagini e rappresentazioni della musica giudeo-yemenita

Copertina di Adaqi e Sharvit (1981) Copertina di "Dana" di Dana International (1993)

La musica identifica sì le donne del Mediterraneo ebraico come figure eccezionali e straordinarie, ma delineando un mondo quotidiano di differenza. E' ovvio che una tale affermazione è profondamente paradossale, dal momento che normalmente si definisce "quotidiano" tutto ciò che non è eccezionale. Ciononostante, nella società giudeo-mediterranea il quotidiano rappresenta la sfera del contatto, dello scambio e del movimento che è tuttavia lontano da una presunta autenticità. Il quotidiano costituisce anche una zona culturale di trasgressione che confina tra il "Sé" e l' "Altro".


Trascrizione di canti di donne da Djerba: Shabuot ya Shabuot (Lachmann 1976: 181)

Gli spazi geografici e storici delle musiche ebraiche del Mediterraneo sono dunque nettamente distinti secondo i generi, una distinzione che tradisce la contestazione cruciale degli spazi. Generi particolari vengono a rappresentare sia quegli spazi, sia la contestazione degli stessi - ad esempio, le ballate e la lingua narrativa della diaspora sefardita, il ladino. Un linguaggio musicale distinto si forma all'interno degli spazi, come nel caso dell'educazione religiosa maschile del cheder yemenita. Il fatto che le pratiche musicali sacre, come la rete di rotte e santuari attraverso il nord Africa, siano distinte secondo i generi, ridisegna il Mediterraneo stesso come territorio ebraico e distinto per generi. L'espressione "Mediterraneo ebraico", che compare nel titolo di questo saggio, non si riferisce ad un'area geografica o religiosa chiaramente definita che si presta ad essere rappresentata su una qualche mappa, ma è piuttosto un modo di concentrare l'attenzione su una serie di eventi storici che si intersecano all'interno e attorno al Mediterraneo, eventi che sono fondamentalmente musicali e dotati di aspetti di genere.


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