1.1   La settimana santa - Gli "strepiti" dei Giudei di San Fratello
 

San Fratello è un piccolo paese sui Nebrodi al confine fra le province di Messina e Palermo. Qui, dal mercoledì al venerdì santo,  ha luogo una singolare rappresentazione, unica in tutta la Sicilia, conosciuta come Festa dei Giudei. Protagonisti sono gli uomini del paese che scorrazzano liberamente per le strade suonando a squarciagola e agitando minacciosamente  una grossa catena  chiamata disciplina.

Le “trombe”, come vengono genericamente chiamati gli strumenti musicali utilizzati, sono l’elemento principale del costume dei giudei ma si tratta in realtà sia di trombe che di cornette con un pistone o senza. Diversamente da ogni altra località siciliana in cui  durante la settimana che ricorda la Passione di Cristo si susseguono meste rappresentazioni sacre, a San Fratello esplode una sorta di baccanale  che ha il suo culmine il venerdì santo durante la processione del Cristo morto (cfr. Buttitta 1978, 1990).

Una accorata e spregiativa descrizione ce la dà il folclorista Giuseppe Pitrè alla fine dell’800:

Nei giorni di Giovedì e  Venerdì della settimana santa […] si mettono in giro pel Comune un buon numero di mandriani travestiti in una certa foggia carnevalesca, che volgarmente si chiama di Giudei. La voce ‘carnevalesca’ non è esagerata, perché non potrebbe altrimenti appellarsi che da Carnevale i vari pezzi di quel costume. Un sacco con due buchi per gli occhi, ed una maglia di pelle nera lucida copre il capo, dietro il quale si rovescia a forma di cappuccio, pendente per via di una enorme nappa fino ai polpacci delle gambe, una specie di giubba egualmente rossa, che va a congiungersi alla vita con uno stretto paio di brache; gambali di stoffa gialla scendono fino ai calzoni: un insieme stranissimo, reso anche tale da un mazzo di catene a maglie schiacciate, triste avanzo di discipline, che i Giudei agitano e scuotono per accrescere il rumore, lo strepito ed il baccano onde assordano quanti incontrano e quanti essi si precipitano ad incontrare. Qualcuno di loro porta una tromba, che suona ad ogni crocevia, ad ogni vicolo, o chiassuolo nel quale imbocca, accrescendone gli effetti con lo scroscio della catena. Aggruppandosi, dividendosi, raggruppandosi innanzi le case, innanzi le chiese, si mescolano alla folla dei devoti, vi si fanno strada, sguisciando, sgambettando, saltando e facendo a chi più può nel raggiungere un posto, una chiesa, un orto, un giardino fuori il Comune, non curandosi di manomettere quanto incontrano” (Pitrè 1913 - 1978: 226-228).

 A proposito delle possibili ragioni che sottendono la presenza di elementi quali i diavoli, i giudei, gli schiamazzi, i suoni, i rumori (ma non le parole, si badi bene, i giudei di San Fratello sono chiusi in un ferreo mutismo), vorrei suggerire anche un altro spunto di riflessione. L’Ufficio delle Tenebre, il rito ufficiale della Chiesa che si svolgeva  la mattina del venerdì santo,  prevedeva che la rievocazione della morte del figlio di Dio venisse drammatizzata con l'oscuramento progressivo della chiesa e con un “piccolo strepito” prodotto dai fedeli.

Amplificando via via le valenze spettacolari ma anche liberatorie di quel rito, la tradizione popolare  si è appropriata di quel momento, fino a far registrare, alla fine dell’800, episodi di ben altra natura:

“… scoppiò un enorme strepito, un fracasso, quasi un terremoto, come se la chiesa crollasse. I ragazzi facevano rullare tutti di conserva i calascioni, le raganelle, le tricche-tracche; quello del bastone menava bòtte da orbi sul tavolo dei morti; l'altro del sasso percuoteva su di un banco, e quello dal martello tirava colpi sull'avantiporta come se avesse voluta sfondarla; senza contare gli uomini che ci davano su dei calci e dei pugni...” (Capriglione 1887, cit. in www.ameritalia.id.usb.ve)

Questo rituale, conosciuto come Terremoto o Scurdàte o Tremmete o Bbatte porte nelle diverse parlate locali e diffuso su tutto il territorio italiano, dal nord alle Isole,  viene diversamente interpretato dagli studiosi. In alcuni casi come imitazione dello strepito e della confusione avvenuta durante la cattura di Gesù da parte dei soldati (i giudei), oppure come battiture inferte a Barabba, o ancora come riproduzione della flagellazione di Cristo o come reazione della natura alla morte del Figlio di Dio (cfr.  Perrotta 1986; Sordi 1997; Mascia 2001).

Potrebbe a San Fratello l’amplificazione dell’evento liturgico essere cresciuta a dismisura fino ad esplodere,  liberando il rito dai limiti dei luoghi ecclesiastici? Lo strepito dei Giudei, che aveva portato il mondo dell’uomo a lambire quello intoccabile del sacro, ha forse  percorso a ritroso la sua strada, riportando i gesti terreni sui luoghi del quotidiano per sacralizzarli nella profanazione?


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