Inaccessibili

Oran, Sidi Bel-Abbes, Mascara, Ghelizane, Ain Temouchent, e Saida sono per le chikhat luoghi di nascita, città adottive, o siti patronimici. La chikha non porta il nome della sua famiglia: lo perde entrando nella sfera pubblica ed attraversando i confini dell' horma. Le viene dato un appellativo, un soprannome, o il nome del posto dove lavora: Rahma el Abassya (Rahma di Belabas), Hab Lahmeur (bottoni rossi), Keltoum el Balini, (Keltoum del Balini [quartiere]), Habiba el Kebira (Habiba l'anziana), Habiba Sghira (Habiba la giovane), Rimitti el Ghelizanya (Rimitti di Ghelizane), ecc. Per maggiore chiarezza, si aggiungono delle 'particelle' così da non confondere Chikha Djinya el Kebira el Haqqanya bent Saida (Djinya l'anziana, la vera figlia di Saida) con Chikha Djinya el Mascarya (Djinya di Mascar).


Chikha Djenia arriva ad una veglia notturna di nozze insieme al suo berrah (a sinistra) e al suo flautista (a destra).
Fa finta di imbracciare un fucile, oggetto riservato per principio ai soli uomini (Sfisel, 1987)

Ad eccezione di Rimitti, la più trasgressiva e la più famosa tra queste artiste, le cantanti non vengono mai raffigurate sulle copertine dei loro dischi e delle loro cassette. Vengono invece sostituite dall'immagine seducente, sempre rinnovata, di una modella che posa normalmente per riviste o cartoline "kitsch": esca per sogni erotici o ultimo bastione di rispettabilità? Quando compaiono di persona, le cantanti sono coperte sovente da un velo di mussola. Arrivano dal nulla e ripartono nella notte circondate dai "loro uomini": l' "annunciatore", i suonatori di gellal ed il/i flautista/i. Non è insolito che una chikha sia la moglie o la compagna di questi artisti. Inaccessibili.

Si crea e si riproduce così, attraverso un'oralità alimentata da chiacchiere e fantasia, il mito delle loro vite tumultuose, dei loro stenti, e dei loro flirt incessanti con la marginalità: divorzio, difficoltà legali, risse cruente alle feste e incursioni della polizia nelle case di privati dove esse si esibiscono, accuse di prostituzione negli ambienti che frequentano e reclusione di alcuni dei loro amici.

Tutti questi episodi compaiono come tracce fuggevoli nelle canzoni. Ciascuno vi trova qualcosa in cui identificare le proprie sofferenze e l'esasperazione delle tendenze della vita quotidiana.

L'universo delle meddahat [donne che cantano le lodi al Profeta e ai santi] è meno turbolento. Il fatto che cantino in ambienti femminili le risparmia da certe accuse. Ma questo mestiere di donne, molto spesso donne senza uomini, non permette loro un riconoscimento sociale che le possa proteggere dagli attacchi della marginalità. I loro guadagni, concentrati nella stagione dei matrimoni e nelle sere del Ramadan, sono precari. Inoltre c'è un'intensa concorrenza tra gruppi e al loro interno. Le esigenze finanziarie e le pressioni psicologiche della meallma, la leader del gruppo, sono spesso troppo forti.


Un'orchestra meddahat (Orano, 1988)

Ad un matrimonio le meddahat eseguono un successo degli anni Ottanta che festeggia l'emancipazione delle donne:
Gruppo Meddahat, Matsalounich (Non chiedetemi di spiegarmi) (wav file: 227 kb)

Un duo esegue lo stesso brano:
Chaba Xahwanya e Cheb Hamid, Matsalounich (Non chiedetemi di spiegarmi) (wav file: 293 kb)


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