(b)  Tusa
 

 Un ampio repertorio di canti tradizionali ad impianto polivocale caratterizzava, fino a 10-15 anni fa, 'a Cerca, un itinerario rituale penitenziale spontaneo, che aveva luogo a Tusa le notti del Giovedì e Venerdì Santi.  Principali  protagonisti erano gruppi di cantori che di chiesa in chiesa, dinanzi ai Sepolcri, cantavano i razzioni, testi narranti il calvario di Cristo e la gioia del Sabato Santo.

Il rapido degrado del contesto socio-culturale al quale si ricollegava il rituale, ha in pochi anni ristretto gli spazi devozionali e qualche anno fa, quando è stato effettuato il rilevamento, era attivo solo un gruppo di cantori.

Allo stesso modo sono andate fatalmente riducendosi le cerimonie paraliturgiche controllate dalle confraternite (se ne ricordano sei, quelle di S. Giuseppe, S. Giuliano, S. Giovanni, S. Nicola, S. Caterina e del SS. Signore), che prevedevano l'esecuzione di diversi canti devozionali (Orfanu figghiu malasurtatu, Salvi Rriggina, Lu Venniri di mazzu e Lu Sabitu matinu). Spazio privilegiato di espres­sione della devozione popolare, restava tuttavia il Venerdì Santo, quando più grup­pi di cantori lungo la processione, che vede ancora oggi sfilare per le vie del paese il Cristo nell'urna e l’Addolorata, intonavano a più voci, oltre che i citati testi dialettali, testi latini quali il Miserere e lo Stabat Mater.

Dal punto di vista musicale i canti di Tusa, prima ancora di essere studiati nelle loro componenti strutturali, si evidenziano per la globalità dell'effetto sonoro, vuoi per l’uso della voce che ricorda le banniate (grida) dei venditori ambulanti, vuoi per il frequente ricorrere di glissati fra i suoni o per l'adozione di una scala non temperata o, ancora, per gli inconsueti rapporti intervallari che vengono a crearsi fra le parti. L’insieme di queste peculiarità rende il repertorio di Tusa pressoché unico nel panorama etnomusicale siciliano. Esse sono presenti sia nel repertorio sacro che in quello profano. 

I due brani che esaminerò, Lu Venniri di mazzu e E la matina quannu mi livai, appartengono appunto ai due repertori, canto della settimana santa il primo, canto lirico che veniva eseguito al di fuori di precise occasioni-funzioni di canto il secondo. Essi  si snodano su una struttura polivocale a tre parti, non propriamente "ad accordo", anzi basata su inconsueti rapporti tra le voci parallele che si  scostano inequivocabilmente nelle linee melodiche dalla scala temperata.

Per questo motivo le trascrizioni che abbiamo tentato per i brani di questo repertorio sono estremamente approssimative per quanto riguarda le altezze dei suoni,  ma ci mostrano ugualmente la struttura formale del canto  e l’andamento del profilo melodico.

                        

 Lu Venniri di Mazzu

 

Lu Venniri di mazzu gluriusu

calàu nostru Diu in paradisu

San Giuvanuzzu iè tuttu cunfusu

dicènnu frati miu cu' ti ci misi

e mi ci misi lu padri amurusu

p 'aviri la bontà dù paradisu

 Iàmo 'a lu rusariu ca ' sona

ci amu prisintari sta santa cruna

ci lodamu lu santu ferramentu

evviva di lu Carmunu Maria

lu Carmunu Maria sia lodata

San Giusipuzzu sia ringraziatu

 

Lu venniri di Mazzu  (mp3 file)

 

A un primo sguardo il brano sembrerebbe costruito su un impianto tonale. Le noti cardini della melodia svolta dalla voce A sono la 4a e la 5a dalla finalis; la voce B sembra avere quasi il ruolo di un basso armonico, cadenzando  (IV-V-I) sulla nota finale della 1a frase e  facendo pensare a quest'ultima come nota generatrice della tonalità.

Ma a un’attenta disamina riscontriamo nella linea melodica un grande uso di quarti di tono e la costante presenza  dei suoni SOLb↓ e LAb↓ -- calanti di un quarto di tono -- accanto agli omonimi temperati; inoltre notiamo come la seconda voce abbia, rispetto

alla prima, un andamento prevalente per 4e parallele. Quest’ultima caratteristica però potrebbe essere spiegata alla luce del fatto che in questo corpus musicale non riscontriamo la presenza di una voce acuta, caso unico questo  nel repertorio analogo dei territori circostanti. Potrebbe trattarsi, dunque, di un trasporto all'ottava inferiore di una parte acuta alla quinta, resosi necessario, nel passato, per la mancanza di voci contraltiste.

Il coro esegue una sola nota, limitandosi ad “accordare”  rinforzando all’unisono la finalis. La linea melodica si svolge in un ambito di 5a facendo grande uso del glissato per raggiungere i suoni vicini o anche in occasione della fine della frase prima del respiro.

E la matina quannu mi livai

 

E la matina quannu mi livai

[E la mattina , quando mi sono alzato]

Cuntent’a tutt’e ddoie le lassaie

[Le ho lasciate contente entrambe]

Cuntent’a tutt’e ddoie le lassaie

[Le ho lasciate contente entrambe]

Cuntent’a tutt’e ddoie le lassaie

[Le ho lasciate contente entrambe]

E la matina  (mp3 file)

Questo brano utilizza una scala di sei suoni (fatta salva l'apparizione occasionale di un settimo suono, sol#, non precisamente intonato), che sono presentati sempre in successione discendente. La successione melodica tende costantemente al raggiungimento della finalis LA che è anche la nota su cui "accorda" il coro. Tutti i suoni utilizzati si discostano alquanto da quelli della scala temperata e non sono, rispetto ad essi, uniformemente calanti o crescenti, tranne il LA, la cui frequenza è di circa 440 Hz. Il modello scalare, più che ricordarci procedimenti tonali, ci suggerisce affinità con il modo lidio (si tratterebbe in sostanza del modo di FA trasportato una terza sopra). Il testo verbale è organizzato in distici di endecasillabi che sottendono la prima frase musicale, divisa in due semifrasi. La seconda frase musicale utilizza la doppia ripetizione del secondo verso. La struttura esecutiva prevede la presenza di una voce solista che enuncia interamente il testo. Una seconda voce interviene alla fine delle due frasi a una distanza di terza dalla prima. Il coro ha la funzione di enfatizzare il raggiungimento della finalis, raddoppiandola, o "accordando" alla fine della prima semifrase, quando, sempre eseguendo lo stesso suono (LA), si trova a una distanza approssimativa di quinta dal canto.


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