(c)  Santo Stefano di Camastra
 

A Santo Stefano di Camastra il percorso processionale del Venerdì santo è scandito dall'esecuzione di due canti polivocali ad opera di un gruppo di cantori ancora molto unito e vitale nella trasmissione del repertorio.

 

Santo Stefano di Camastra, venerdì santo 1999

(file wmv, 60", 1.15Mb)

Li parti di la Cruci, un canto in dialetto che narra l'immenso dolore della Madonna per la crocifissione del figlio, comprende nove strofe (sestine), una per ognuna delle spade che trafiggono il cuore di Maria. I cantori, ad ogni sosta dei due fercoli (uno è quello del Cristo deposto, l'altro dell'Addolorata) si fermano e si dispongono in cerchio per intonare una spada, come viene chiamata la strofa. La processione, dopo aver sostato dinanzi a tutte le chiese e nei luoghi in cui un tempo sorgevano altri luoghi di culto, si conclude all'interno della Chiesa Madre, dove il gruppo di cantori intona lo Stabat Mater.

(testo dialettale)

Stave dolorosa

 iu ' sta crucem lacrimosa

dummo pende Pater Filiu

(testo liturgico)

Stabat Mater dolorosa

 Juxta crucem lacrimosa

dum pendebat filius

 

 

Stabat Mater (mp3 file)

 

 

La struttura polivocale è anche in questo caso a tre parti: la voce A intona l'intera melodia; la B interviene sull'ultima frase; il coro, dopo l'inciso d'attacco, segue parallelamente la voce A a una terza di distanza, salvo che alla fine della strofa quando sembra realizzare il movimento dominante/tonica tipico del basso armonico.

È possibile notare, nello sviluppo della melodia principale, un curioso accostamento di due livelli linguistici musicali assai distanti tra loro nell'adozione degli elementi lessicali: il primo, ricco di salti intervallari anche ampi, di fioriture di sapore belcantistico ottocentesco, che prevede una estrema dilatazione del testo verbale (la parola "Ave" è intonata su 24 note); il secondo, "gregorianeggiante", che non ha più le rapide fioriture del precedente e in cui la melodia si dipana esclusivamente per gradi congiunti.

Anche la parte del coro si adegua a questo bilinguismo: dapprima melodica, quasi "controcanto", diventa, come già detto, un basso armonico e ad essa si aggiunge, in appoggio, una seconda parte accordale, la voce B.

Il coro esegue una sola nota, limitandosi ad “accordare” rinforzando all’unisono la finalis. La linea melodica si svolge in un ambito di 5a facendo grandissimo uso del glissato nei modi già visti a Tusa.


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